Vai al contenuto

La leggenda del caimano

La leggenda del caimano: narrazione fantastica e ricchezze naturali del fiume Magdalena.

Per i colombiani il fiume Magdalena è tutto, il “Río Padre”, come lo chiama, facendone fulcro di numerosi scritti, García Márquez.

L’uomo caimano è nato qui: è la leggenda del pescatore che per conoscere i segreti delle donne che si bagnavano nude nel fiume si affida ad uno stregone. Un utilizzo errato dell’unguento che avrebbe dovuto conferirgli questa possibilità, lo trasforma in un orribile essere metà uomo e metà caimano destinato a vivere nel fango del fiume.

Per vincere la sua tristezza e dissimulare la sua deformità, si racconta che questa strana creatura abbia inventato il Carnevale e fondato la città di Barranquilla, divenuta poi uno dei porti principali della Colombia, punto di arrivo nel paese dei primi europei, centro di contrabbando, commercio e turismo.

La leggenda, trasformata in musica ballabile, ha attraversato l’Atlantico ed è stata utilizzata in Spagna dagli oppositori di Franco che, durante le corride a cui il Generalissimo presenziava, cantavano, per propiziare la sua caduta, “il caimano se ne va, il caimano se ne va, se ne va a Barranquilla…”

Il fiume è stato nei secoli il luogo di contatto tra locali e persone venute da lontano; a partire dal 1600 congolesi, nigeriani, senegalesi, angolani raggiunsero a migliaia Cartagena, mescolandosi con le popolazioni indigene e con i bianchi europei dando origine alle popolazioni della Colombia attuale.

García Márquez descrive nella sua novella storica “Il generale nel suo labirinto”, l’ultimo viaggio di Simón Bolívar da Bogotà al porto di Honda dove si imbarca per poi discendere in sei mesi tutto il Río Magdalena oltre Mompox, Cartagena, Barranquilla e Santa Marta, fino alla sua morte.

Anche il romanzo “L’amore ai tempi del colera” si svolge sul fiume su cui viaggiarono negli anni, oltre ai due innamorati attempati, varia umanità e tonnellate di tabacco, caffè, banane.

 Caratteristica del grande fiume, soprattutto nelle zone di savana prossime al mare, è il suo respiro musicale, il suo ondeggiare, l’allegria di maracas e cornamuse; ogni villaggio è scena di danza, mescola di religiosità naturale, animista e di omaggio ai santi del cristianesimo; sulle sue sponde crescono papaia, guaiaba, ananas, tamarindo, prugne, pompelmi e frutti del paradiso.

Il calore dei porti fluviali, le zanzare, il cibo, la musica, la frescura prodotta dalle acque, le meravigliose mulatte, i cieli azzurri e rosa, le arance e i pescatori come descritti da Marques continuano a esistere.

Chi desiderasse ripercorre oggi le tracce di Simón Bolívar, non potrà più raggiungere Honda a cavallo, ma per strada per poi imbarcarsi su lance a motore che percorrono il fiume sostando nei villaggi, ma potrà continuare a gustare la zuppa bollente e deliziosa chiamata sancocho che qui si cucina con pesce, banana verde e rossa, igname e yucca, secondo i locali piatto di virtù e sapori in grado di…risuscitare.

Julio Manuel Navia – El País

Testo liberamente adattato

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *